Come dire ti amo, senza dire ti amo

A noi giovani figli dell'Italia centenariamente unita c'hanno levato tutto, pure le parole. Provate a dire "forza italia" o "libertà" e vediamo se si capisce di cosa state parlando. Ma persino il "ti amo" non è che lo puoi dire in tutta libertà, ecco appunto. Non solo perchè è stereotipato, massificato, svilito e non s'è mai capito cosa significhi, ma soprattutto perchè richiama una certa identità culturale, tant'è che l'ultima volta che ho pronunciato le parole "ti amo", e le pronuncio spesso, mi son sentito rispondere "ma che è, ti piace Moccia?". E va bene tutto, anzi non va bene tutto, però "ti amo" lo diceva pure Dante, o forse no, in ogni caso uno non può dire "ti amo" e sapere che l'altro in testa sua capisce "tre metri sopra il cielo". Per cui ritengo giusto proporre delle soluzioni alternative al "ti amo" per tutti i giovani figli della nuova borghesia italiana, nuova borghesia per non dire nuovo proletariato, visto che non possiede più tanta prole, ma solo tante rate della macchina, cioè un bel nulla, e perciò chiamerei "tariato" e basta. Dunque l'alternativa che propongo ai giovani figli del tariato italiano è l'underscore, il trattino in basso, scrivere pertanto: "ti a_o". Ovvero ipotizzare un giustissimo regime dittato-letterario che si occupi principalmente di censurare le parole svilite, massificate, che non significano più, che agisca arbitrariamente a criptare una lettera della parola in questione lasciandola solo presumere. Ma questo non risolve il parlato, perciò a voce io vi proporrei, cari paroletari, di dire direttamente: "ti underscore", che c'ha pure la parola core, che voglio dire.

Internetzein

Molte volte esco e la gente sta zitta e a me un po' secca che la gente stia zitta e allora inizio a sparare cazzate e la cosa mi diverte, forse diverte più me che gli altri, tant'è che ultimamente esco quasi esclusivamente per sparare cazzate e la cosa sebbene continui a divertirmi è anche un po' seccante perché in ogni caso uscire di casa, come operazione, è una cosa seccante. E allora ho detto tanto meglio sparare cazzate a casa, che mi diverto lo stesso e non devo neanche uscire, e così mi sono aperto un blog. E poi Platone diceva che il senso della vita è fare agorazein, cioè andare in piazza e vedere che si dice, ma in piazza ora non si dice più niente, anzi non c'è più nessuno in piazza, e in questa città non ci sono nemmeno più le piazze. Per cui ora, potremmo dire, con Platone, che il senso della vita è fare internetzeìn, e questo blog consideratelo il baretto all'angolo della piazza, quello dove l'amaro costa un euro e il barista spara cazzate. A parte l'amaro, mi sembra che il ragionamento fili.