Ano

C'era un mio amico che si faceva chiamare Ano, o meglio così si firmava sul giornalino della scuola e tutti gli amici avevano preso a chiamarlo a quel modo e alla fine ci si era abituato, mi ricordo una volta persino sua madre mi chiese se per caso avevo visto Ano e io risposi di sì, che era andato a suonare da un amico, per dire, era diventata una cosa normale: lui era Ano.
Poi un giorno s'incazzò, così, dal nulla, ex abrupto, di brupto proprio, "non mi dovete più chiamare Ano! Io mi chiamo Pasquale, cazzo!". E lì io cercai di spiegargli che in fondo oramai non era più una cosa brutta, non è che quando lo chiamavamo in quel modo avevamo in mente veramente un "ano", il buco plissettato del culo ricoperto di peli da cui esce la merda, non dai peli, dico dall'ano, ma credo lo sappiate cos'è un ano, anzi, gli dissi, tutto il contrario, quando sentivamo qualcuno pronunciare "ano", chessò a Super Quark, non pensavamo all'apparato escretore ma a Pasquale e anche per quello ci abbiamo capito poco in generale dell'anatomia umana. Ma lui si impuntò, ci alzò pure le mani e quindi Ano ridiventò Pasquale o in altre parole Pasquale non fu più Ano.
Ma in effetti questa storia non c'entra niente. Io, lo sapete, voglio risolvere problemi concreti (però è troppo tardi per cambiare il titolo). Vorrei infatti parlare di tutte quelle "categorie" di persone, che appunto sono diventate "categorie" grazie all'utilizzo di parole (e quindi di pensieri) che riuscissero ad identificarle come categorie, ma mi spiego. Porterò degli esempi: i gay, i poliziotti, i diversamente abili, i politici e le prostitute. Tutte queste categorie possono essere accomunate dal fatto che dei loro nomi esistono altrettanti appellativi utilizzati per denigrarli e cioè: froci, sbirri, handicappati, ladri e puttane. Di questi esempi se ne possono fare a milioni, anche se ad esempio non esiste il dispregiativo di "ferroviere" e davvero non mi spiego il perché. Comunque in America, dove attualmente hanno una teoria su tutto, hanno pure una teoria su questa cosa qui e si chiama Teoria Queer. Queer significa "frocio". In pratica (in pratica una teoria?) parla della discriminazione dei gay da parte di un certo maschilismo che li denigra anche verbalmente e sostiene che il movimento di rivendicazione dei diritti degli omosessuali dovrebbe utilizzare la parola "frocio" e non "gay" per autodefinirsi, solo così il termine perderà la sua connotazione negativa, perchè perderà l'accezione denigratoria: io stesso mi chiamo così, io sono quella parola, non sono quello che è correlato a quella parola (cioè il background della tradizione omofoba), "frocio" diventa una parola normale, istituzionale, e attraverso questa pratica, che potremmo definire politica, diventerebbe impossibile offendere un gay con la parola "frocio" perché quando la pronunceremmo sarebbe come dire semplicemente "gay" e non "frocio". Un po' come quando volevano offendere i formalisti russi e li chiamavano "formalisti" anche se loro erano dei "linguisti", ma poi loro stessi hanno iniziato a chiamarsi così e ora nessuno studioso di tecniche di costruzione del linguaggio si offenderebbe se per strada fosse apostrofato con "formalista". O gli scapigliati, ce ne sono infiniti di esempi. Ora giustamente mi si potrebbe obbiettare che non ci vuole niente a coniare una parola offensiva diversa, ad esempio per i gay si potrebbe dire "succhiacazzi", cioè a coniare, l'hanno già coniata, e ogni volta a rifare lo stesso procedimento politico ("I am proud to be succhiacazzi!") ci vorrebbero anni e anni e non si finirebbe più, ma questa infatti è solo la teoria americana, non la mia.
Io credo che tutte le categorie di persone di cui parlavo nel mio esempio di prima potrebbero attuare la teoria queer per evitare quelle cose spiacevoli di dover chiamare con nomi sempre più astratti delle categorie facilmente individuabili di persone, si pensi ad esempio al bidello che è diventato collaboratore scolastico e poi personale non docente e poi… insomma non la si finirà più, il mio consiglio è quello di interiorizzare la parola negativa con cui si viene identificati, perché l'identità non è data dalle parole ma dalle azioni, noi non siamo qualcuno perché così ci chiamano, siamo qualcuno perché agiamo in un certo modo, voglio dire Ano, tu sei Pasquale e non ano fin quando ti comporterai da Pasquale, quando diventerai plissettato e ricoperto di peli e caccerai la merda, non dai peli, ma da te stesso che è buco, solo allora sarai ano e non più Pasquale. Lo sapevo che non lo dovevo cambiare il titolo.
Io, ad esempio (?), conoscevo una ragazza che s'arrabbiava se la chiamavi "puttana", e in effetti molte ragazze s'arrabbiano se le chiami "puttane", dicono che non è carino, che la puttana si fa pagare per fare quello che fa, loro no, ma ora non voglio discutere di ciò, voglio dire a queste ragazze che è molto semplice privare dell'aspetto offensivo questo appellativo, basta presentarsi proprio a quel modo, "piacere, sono Giovanna, una puttana di 17 anni". Ora già me lo vedo questo dibattito, la mamma di Ano (Pasquale) che mi fa: "Ma quand'è che te la trovi una puttana (ragazza) seria?" "Eh signò, è che non ci stanno più le puttane di una volta" "Ma possibile che non conosci una puttana degna di questo nome?" Etc. Con questo non voglio dire che tutte le ragazze sono puttane, ma solo quelle che conosco io, direbbe il poeta. Ecco la mia teoria, s'è capita, no?

3 commenti:

  1. sarà difficile chiamare ladri i politici e poi dopo poco tempo andare anche a votarli!

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  2. sono in disaccordo, se non ti firmi non so chi sei, e se ti firmi diversamente sei qualcun altro, che ne so, Saviano, Milly D'Abbraccio o El Notariato. Quindi, data l'identità che il mio attuale nome determina e impone, sei un coglione scannamanoca. Tuttavia il compagno Tom Rapp ti fa i complimenti per l'ennesimo bel colpo; "fico", dice.
    s'è capito,no?

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  3. Io credo invece di aver appena trovato un blog da seguire.

    VivA!
    A.

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